Vini d'Italia: Dolcetto Diano d'Alba, da vino di tutti i giorni alla DOCG delle Langhe

Il Dolcetto di Diano d’Alba è un vino di pronta beva, pertanto non si consiglia di farlo invecchiare, ma di mantenere le bottiglie in un locale asciutto ad una temperatura ambiente per una buona conservazione ed un gusto a tutto pasto.

Zona di produzione e vitigni
Il Dolcetto Diano d’Alba DOCG si ricava da uve provenienti dai vigneti coltivati nella zona collinare del comune di Diano d’Alba, in provincia di Cuneo, nelle Langhe, a 500 metri sul livello del mare. Dev’essere ottenuto dal Dolcetto al 100%, un vitigno tipico del Piemonte che si affermò in questa zona verso il XVII secolo. Un vitigno che ama le forti escursioni termiche e l’esposizione in zone alte. Ottimale, quindi, l’ambiente sulle coste più alte e soleggiate di Diano d’Alba. Proprio questo, infatti, oltre all’esperienza tramandata attraverso le generazioni, ha consentito di individuare le posizioni migliori per i vigneti chiamate Sörì, che in dialetto piemontese significa “luogo soleggiato”. Nel comune di Diano d’Alba sono state identificate ben 77 aree idonee alla viticoltura. Quindi, le uve destinate alla produzione del vino Diano d’Alba devono essere prodotte nella zona d’origine costituita dall’intero territorio del comune di Diano d’Alba.

Caratteristiche organolettiche
Il Dolcetto Diano d’Alba viene prodotto nelle due tipologie previste dal disciplinare: Dolcetto di Diano d’Alba, con titolo alcolometrico 11,5% e
Dolcetto di Diano d’Alba Superiore, titolo alcolometrico 12,5% e un anno di invecchiamento.
Il Dolcetto Diano d’Alba ha un colore rosso rubino intenso con riflessi violacei; un profumo vinoso, fragrante e fruttato, con note di ciliegia marasca e talvolta di mora o confettura; un sapore secco, asciutto, armonico con un retrogusto di mandorla amara e alcune note aromatiche di geraniolo da giovane. La gradazione alcolica minima è di 12,00 % vol.

Il Dolcetto Diano d’Alba a tavola
È un vino a tutto pasto, che si abbina a piatti robusti come saporiti antipasti, primi ben conditi, secondi di carne come arrosti e spezzatini oppure anche formaggi molli e di media stagionatura. Particolare il connubio con minestre tipiche regionali e a base di legumi, agnolotti al plin e altri primi piatti ripieni di carne come ravioli, cannelloni. Ottimo anche con zuppe, carni bianche e volatili in umido, carni rosse grigliate, anguilla, baccalà e stoccafisso, zuppe di pesce aromatiche. Da giovane si accompagna molto bene con la bagna cauda. Si consiglia di servirlo ad una temperatura di 16-20° C.

Un po’ di storia
Il vitigno Dolcetto, come già accennato, prese piede nella zona verso il secolo 17°. Per molti anni è stato considerato un vitigno dal quale si ottenevano vini poco alcolici da bere giovani e da usare tutti i giorni, ma l’evoluzione delle tecniche di coltivazione e produzione ne hanno affinato la qualità. Nel 1800 venne definito “dolcetto nero” e coltivato con diversi nomi nell’intero territorio di un solo piccolo Comune a sud di Alba, appunto Diano d’Alba, dove furono individuate le 77 aree più vocate alla viticoltura, delimitate con precisione nel 1986, anno in cui l’amministrazione comunale pubblicò la mappa delle aree per l’attribuzione della menzione del nome di vigneto.

Queste aree più vocate alla viticoltura si chiamano sörì che in dialetto piemontese significa “luogo ben esposto”. Nel 2009 il Consorzio ha proposto al Ministero dell’Agricoltura i 77 sörì interamente compresi nel Comune di Diano d’Alba, allo scopo di dar loro il valore di Menzioni Geografiche Aggiuntive come si è fatto con i vini Barbaresco e Barolo. E contemporaneamente il Dolcetto di Diano d’Alba ha ottenuto la denominazione di origine controllata e garantita (DOCG)

Curiosità
Non si tratta di un vino dolce, come si potrebbe desumere dal nome, che invece deriva dal fatto che l’uva cresce bene sui “dossi” o “duset” che in piemontese significa dolce.

Photo Credit: furanda via photopin

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