
Come mangiare quando si allatta
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Continuare ad allattare quando si torna al lavoro è possibile? Ecco alcune indicazioni e informazioni sulla normativa vigente.
Il periodo dell’allattamento è un momento unico nella vita della mamma e del bambino, durante il quale si crea un legame indissolubile. Quando arriva il momento di riprendere la popria professione, tuttavia, non sempre è facile conciliare le poppate con gli orari di lavoro.
Per le neomamme esistono diverse possibilità, soprattutto se non hanno un contratto di lavoro regolare che preveda periodi di astensione per l’allattamento. In alcuni casi, infatti, ci si domanda se è preferibile forzare lo svezzamento, o addirittura se lasciare il lavoro per continuare ad allattare personalmente.
La legge che regola l’astensione per maternità consente alla mamma di stare a casa 5 mesi (o 1 prima della data presunta del parto e 4 dopo, oppure 2 prima e tre dopo), oltre alla possibilità di usufruire della maternità facoltativa con una riduzione dello stipendio fino a un massimo di altri 6 mesi. La decisione di proseguire o meno con l’allattamento, però, non dovrebbe dipendere solo dalla questione lavorativa.
Per legge infatti la neomamma ha diritto a due ore di riposo giornaliero per l’allattamento fino al compimento del primo anno di vita del bambino, e quando l’orario di lavoro è superiore alle 6 ore: è prevista solo un’ora nel caso di un contratto part time. Questo tempo può essere utilizzato in un’unica soluzione oppure frazionato in due momenti durante la giornata. Quando il datore di lavoro o l’azienda dispone di un nido o di una sala predisposta per allattare questo tempo si riduce della metà, un ora e mezz’ora. Ovviamente nel caso di parto plurimo le ore si raddoppiano, anche in caso di tre gemelli.
Ma discorso legislativo a parte, va considerato che per le mamme che hanno un lavoro lontano da casa il permesso di due ore spesso non basta. In questi casi dunque bisogna valutare se è opportuno compiere uno sforzo organizzativo notevole per continuare l’allattamento, e in ogni caso la decisione spetta alla mamma in accordo magari con il pediatra.
Se le poppate sono già in fase calante, ad esempio, si può decidere di togliersi il latte che verrà somministrato al bambino dalla tata, dalla nonna o dalla baby sitter. In genere i mesi fra il sesto e il nono, lasso di tempo in cui la mamma generalmente rientra al lavoro, sono quelli più delicati per il bambino poiché coincidono con lo svezzamento.
L’ideale per chi vuole continuare a dare il proprio latte è allattare nelle ore della giornata in cui si è a casa, e usare un tiralatte per prelevare liquido sufficiente a soddisfare la fame del piccolo nel resto del tempo (il latte materno potrà essere conservato in frigorifero per circa un giorno): questa soluzione è fattibile soprattutto se il pranzo è stato già sostituito dalla prima pappa.
Dopo i nove mesi in genere il bambino mangia regolarmente due pappe (pranzo e cena), e le mamme che lo desiderano potranno dunque continuare ad allattare a colazione e la sera prima di andare a dormire, anche come coccola.
Se una donna desidera continuare ad allattare anche oltre l’anno di vita, e questa deve essere una scelta soltanto dettata dall’istinto materno e non da un obbligo esterno, potrà farlo in alcuni momenti della giornata, lontano dai pasti come a colazione e prima di addormentarsi. In questo modo anche la produzione del latte andrà scemando in base alla minore richiesta.
Fonte: Prenatal
Articolo originale pubblicato il 30 settembre 2011
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