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Essere una mamma chioccia è un reato? Una madre ferrarese è stata condannata dalla Cassazione per ipercura.
Mamme tigri, mamme elicottero, mamme chiocce: sono tre metodi educativi differenti, talvolta non condivisi ma certamente basati sulla volontà della madre di agire per il bene del figlio. Quando questo bene è troppo, però, arriva la Cassazione a imporre dei limiti.
Una mamma ferrarese è stata condannata perché ritenuta iperprotettiva, rea di aver letteralmente ricoperto il suo bimbo di attenzioni eccessive e inutili, tanto da essere considerate dannose per la sua crescita. Un reato punibile con il carcere, visto che la Corte di Cassazione l’ha condannata a un anno e quattro mesi di reclusione.
La protagonista della vicenda è una madre separata dal 2000, decisa a proteggere il figlio a tal punto da impedirgli qualsiasi contatto con il mondo esterno, vietandogli di incontrare anche suo padre, il quale chiede aiuto alla giustizia. Complice in questo insolito reato il nonno del piccolo.
Dopo una prima sentenza emessa dal Tribunale di Ferrara nel 2007, il Processo di Appello che si è svolto nel 2010 non ha potuto che confermare la condanna, ulteriormente ribadita anche dalla Cassazione che ha sottolineato la gravità di questo comportamento, assimilabile a un vero e proprio maltrattamento nei confronti di un minore.
«L’iperprotezione e l’ipercura costituiscono reato di maltrattamenti. Inizialmente la diade ‘madre-nonno’ può avere agito in buona fede, sia pur secondo una falsa coscienza, nella scelta delle metodiche educative e nella accurata attenzione a impedire contatti di ogni tipo al bambino, isolandolo nelle sicure mura domestiche. In seguito hanno sbagliato nel perseverare dopo che c’erano stati ripetuti sinergici interventi correttivi di una pluralità di esperti.»
Quali sono le pesanti accuse a carico di questa mamma un po’ troppo chioccia? Si parla del divieto di relazionarsi con altri bimbi almeno fino al sesto anno di età, con il conseguente difficile inserimento nella scuola primaria, nonché di tutta una serie di tentativi mirati a mettere in cattiva luce il papà del piccolo. Non ultimo, il divieto imposto al bambino di utilizzare il cognome paterno.
Una serie di imposizioni e divieti che hanno provocato un ritardo nello sviluppo del bimbo, sia psichico e fisico, infatti sembra che il piccolo abbia mostrato effettivi problemi anche nel camminare da solo.
Fonte: Repubblica
Articolo originale pubblicato il 11 ottobre 2011
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