
Imprenditoria femminile: arriva la co-manager
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L'imprenditoria femminile cresce nonostante la crisi, grazie a una serie di valori aggiunti che solo le donne sanno portare.
L’imprenditoria femminile in Italia ha visto un forte incremento nell’ultimo anno. Nonostante la crisi, le donne imprenditrici sono riuscite non solo a dare il via a nuovi business, ma soprattutto a creare e dirigere intere Compagnie.
Sembrerebbe che l’imprenditoria femminile sia animata da competenze e valori che quella maschile non ha o non conosce. L’executive producer di Women Entrepreneurs HQ online Show, Krizia de Verdier, ha individuato esattamente quali sono i valori aggiunti di un’impresa al femminile, tutti derivanti da quelle caratteristiche – forse innate – tipiche delle donne.
Innanzitutto, una donna è in grado di essere multitasking. In termini più semplici, una donna sa pensare a più cose contemporaneamente e sostenere più discorsi con diversi clienti e interlocutori.
Questo avverrebbe per una naturale predisposizione, legata al fatto che le donne sono lavoratrici, casalinghe, mogli e potenziali madri: ogni donna riesce a concentrarsi contemporaneamente su molte attività quotidiane affinché sia la vita lavorativa sia quella provata scorrano normalmente e senza intoppi; in più le madri riescono a dare attenzioni totali ai propri figli, senza tralasciare nulla del resto.
Poter usufruire della capacità del “multi-pensiero” e potersi focalizzare su più argomenti e più problematiche allo stesso tempo è indispensabile per gestire un’azienda.
In secondo luogo, una donna ha la capacità di pensare in astratto e al contempo di essere creativa. Un pensiero astratto, che oltre alla pura razionalità, implica i sentimenti, l’istinto, la riflessione profonda e il buon senso, permette a un’imprenditrice di svolgere il proprio lavoro affidandosi a una sorta di intuito che assicura scelte non sempre scontate e anche innovative.
Gli uomini tendono invece a prendere decisioni lavorative affidandosi al puro ragionamento e a un forte senso pratico. Inoltre, la mente femminile sarebbe molto più creativa di quella maschile: e la creatività è un valore fondamentale per l’avvio e lo sviluppo di una qualsiasi impresa.
A queste caratteristiche se ne aggiungono altre che hanno molto a che vedere con quella che di solito è definita solidarietà femminile. Le donne tendono a essere più solidali e a voler far parte di un gruppo coeso. Considerano il proprio team di lavoro come una sorta di famiglia, che deve essere accudita e compresa in ogni aspetto.
Per questo le aziende femminili non puntano sulla competizione sfrenata del singolo ma sull’inclusione e l’egualitarismo.
Le donne imprenditrici sentono forte il bisogno di fare squadra. La squadra deve crescere assieme e deve collaborare, ogni collaboratore deve poter dare forza al gruppo attraverso la cooperazione e lo scambio delle proprie peculiarità. Se l’imprenditrice a capo dell’azienda sa trasmettere questi valori ai propri dipendenti, allora l’azienda stessa sarà solida e in grado di reggere a qualunque urto.
A questo si aggiunga che le donne hanno una maggiore tendenza a partecipare a seminari e corsi di aggiornamento per la crescita del proprio profilo professionale e per quello dell’azienda.
Infine, le donne sanno ascoltare. La capacità di ascolto è strettamente legata alla capacità di analisi approfondita del problema. Nel momento in cui un’imprenditrice ascolta attentamente il proprio cliente, ne comprende bisogni e desideri che non sempre affiorano, allora il contatto può essere più intenso.
La Verdier afferma che l’ascolto delle donne non si ferma solo alle parole, ma prosegue con l’analisi del linguaggio non verbale. Questo permette alle donne di instaurare rapporti forti in modo molto veloce e, per un’azienda, ciò significa battere sul tempo i concorrenti nel guadagnarsi la fiducia di probabili clienti.
Tali capacità tutte femminili sono inscindibili; il comportamento e il pensiero delle donne sono appunto multitasking, capacità da non sottovalutare visto che nell’ultimo anno le aziende femminili sono aumentate in molte regioni rispetto alla media nazionale.
Fonte: Market Watch
Articolo originale pubblicato il 5 dicembre 2011
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