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Nel corso della Conferenza "Women in Diplomacy" il capo del Governo ha ammesso che avrebbe voluto più donne: almeno una di loro, Elsa Fornero, basta per dieci.
Avrebbe voluto più donne nel suo Governo. Lo ha ammesso Mario Monti durante la conferenza di Women in Diplomacy alla Farnesina, dedicata all’inclusione femminile nella governance e nel servizio pubblico. Ma dopotutto lui, al contrario di altri, ha fatto scelte pesanti e non banali, dando tre deleghe gigantesche (Lavoro, Giustizia e Interni) a tre donne, evitando di ghettizzarle nei soli ruoli preconfezionati, come Istruzione o Giovani.
Mario Monti si è lasciato andare, di fronte al suo ministro degli Esteri Giulio Terzi, a una riflessione sulle donne e la politica:
«La promozione delle pari opportunità è un impegno molto sentito nel nostro governo. Nel mio Governo avrei voluto più donne. Ne ho solo tre, ma non credo ci siano molti Governi in cui siano occupati da donne ministeri così centrali, cruciali. In termini ponderati direi quindi che la presenza è quasi esclusivamente femminile.»
A Monti, in particolare, preme sottolineare il ruolo di Elsa Fornero, Ministro che certamente non è passato inosservato nell’attività di Governo: è lei ada ver firmato le due principali e più sofferte riforme del Governo, quelle su pensioni e lavoro, attirandosi anche molte polemiche e uno stress eccezionale.
Divertente anche l’ironia del presidente sui termini economici al femminile:
«Tutte le parole chiave legate all’attività della BCE sono di genere femminile: banca, moneta, liquidità, inflazione e anche la parola cardine per le banche centrali, indipendenza, non è solo una parola al femminile, ma un atteggiamento molto forte nelle persone di genere femminile. […] Lo spread che cos’é? Maschile, neutro, non so. Certamente non è femminile.»
Restando ai numeri, invece, la conferenza ha mostrato ancora una volta il ritardo del nostro paese sulle pari opportunità nei vertici aziendali, con solo l’11%. Basti pensare che la Turchia fa il doppio. Nei consigli di amministrazione delle società pubbliche italiane, nelle università, di nota il discrimine: il 17,6% di professoresse rispetto al 45% di ricercatrici; nella sanità il 12,3% dei primari con il 37,1% di donne medico.
Fonte: Asca
Articolo originale pubblicato il 17 luglio 2012
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