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Film tratto dall'omonimo romanzo di Jack London. Il racconto della scalata sociale del marinaio Martin Eden, innamoratosi di Elena, giovane borghese.
Di Martin Eden, tra i più celebri romanzi di Jack London, esisteva già una versione cinematografica, muta, realizzata nel 1914 da Hobart Bosworth: Pietro Marcello ne realizza una nuova edizione, in gara durante la Mostra del Cinema di Venezia 2019, che ha portato al protagonista Luca Marinelli la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
Basato sull’omonimo romanzo di Jack London pubblicato nel 1909, il film racconta l’intrecciarsi di due ambienti opposti: quello di Martin Eden, marinaio di umili origini, e quello di Arturo, giovane borghese in ascesa. Il primo, impersonato da Luca Marinelli, salva la vita al secondo (Giustianino Alpi) che quindi, in segno di riconoscenza, lo invita nella sua casa di famiglia. Lì, Martin Eden conoscerà Elena (Jessica Cressy), sorella di Arturo, di cui si innamorerà perdutamente. La giovane diventerà nel giro di breve una vera e propria ossessione per l’uomo. Ossessione, tuttavia, irraggiungibile: perché Elena è bella ed Elena è ricca, mentre Martin Eden non è che un povero marinaio.
L’ossessione dell’amore si trasforma quindi per Martin Eden in un’ossessione del raggiungere la classe sociale dell’amico, affinché la bella Elena possa accorgersi di lui e del suo sentimento. Il marinaio inizia a studiare, a scrivere, con la speranza di diventare scrittore. Ma il suo percorso lo porta in una direzione opposta rispetto a quella di Elena: subendo l’influenza di Russ Brissenden – intellettuale impersonato da Carlo Cecchi – inizia a frequentare il giro dei circoli socialisti, ambienti molto distanti da quelli della borghesia a cui appartiene la famiglia di Arturo.
Il Martin Eden di Pietro Marcello è il secondo Martin Eden cinematografico. Se, però, nel 1914 Hobart Bosworth si era limitato a una trasposizione sul grande schermo del romanzo pubblicato da Jack London appena cinque anni prima, Pietro Marcello prende il libro e lo fa suo, proponendo una sua lettura del tutto personale, ambientata in una Napoli senza tempo. Croce e delizia della pellicola: questo è ciò che piace (e molto) del film, ma anche ciò che più di tutto viene contestato a Marcello, con evidenti “errori” temporali che, tuttavia, altro non sono che il risultato di un non-tempo in cui tutto è necessariamente simultaneo.
La pellicola di Pietro Marcello si inserisce all’interno dell’ottimo filone dei film italiani in concorso nell’edizione 76 della Mostra del Cinema di Venezia: insieme a lui, Mario Martone (ancora a Napoli con Il sindaco del rione Sanità) e Franco Maresco (con La mafia non è più quella di una volta, che si svolge invece in Sicilia). Da sottolineare la splendida prova di Luca Marinelli che, dopo la consacrazione con Lo chiamavano Jeeg Robot, sta conoscendo una stagione di successi.
L’intero film è una metafora. È la storia del giovane umile che inizia la sua scalata sociale: prima animato da un sincero desiderio di conoscenza, quindi scontrandosi con la continua tensione tra onestà e convenienza. È il paradosso di Martin Eden, mosso da un amore profondo per la bella Elena, ma che finisce con il distanziarsi da quel mondo a cui guardava con brama. Il tutto, per non tradire il proprio pensiero, maturato proprio nel percorso verso l’elevazione culturale e sociale. È la tensione tra successo e maledizione; sono le contraddizioni; sono il buonismo e la realtà.
Il film vede il suo perno in Luca Marinelli, tra gli attori più brillanti dell’attuale panorama cinematografico italiano. Amatissimo dal pubblico e celebrato dalla critica, così come il film di cui è stato protagonista in questa Mostra del Cinema di Venezia.
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