
Soldatessa partorisce in Afghanistan, ignara di essere incinta
In Afghanistan una soldatessa britannica ha partorito un bambino nell'ospedale della base militare: non sapeva di essere incinta, un caso unico.
Partorire in casa è pericoloso? Secondo una ricerca inglese solo le donne alla prima gravidanza dovrebbero procedere con cautela, ma già al secondo figlio i rischi svaniscono.
Poter avere un parto in casa, senza complicazioni e senza ricovero in ospedale, è il sogno di molte future mamme e, spesso, è reso possibile grazie all’assistenza di personale qualificato che mette a disposizione la sua esperienza anche a domicilio. Ma si tratta di una procedura a rischio oppure del tutto fattibile?
Le opinioni che girano intorno al parto in casa sono molteplici, soprattutto tenendo conto del servizio offerto nella maggior parte dei punti nascita che garantisce la presenza di un reparto di neonatologia attrezzato in caso di necessità. Un nuovo studio inglese, tuttavia, pone un freno alle paure e ai pregiudizi in materia, affermando che partorire in casa può essere rischioso solo se si tratta di donne primipare, vale a dire alla prima gravidanza.
I dati resi noti dai ricercatori che hanno condotto lo studio, pubblicato sul British Medical Journal, sono alquanto sorprendenti: analizzando le condizioni e il parto di 65mila donne britanniche, infatti, al termine di una gestazione nella norma e priva di complicazioni, si è potuto verificare che solo per le mamme che mettono al mondo il primo figlio potrebbe esserci una piccola percentuale di rischio, pari a meno dell’1 per cento, mentre se si tratta del secondo o terzo figlio partorire in ospedale o in casa è del tutto equivalente.
Peter Brocklehurst, tra gli autori dello studio, ha affermato che la possibilità di un parto in casa dovrebbe essere presa maggiormente in considerazione dalle donne, a maggior ragione constatando gli esiti positivi dell’indagine.
«Su circa 1000 donne, 995 neonati hanno una nascita del tutto normale. Questi risultati dovrebbero rassicurare le donne in gravidanza che stanno programmando il parto. Il rischio di un esito negativo per il neonato è più alto per una donna che sceglie di fare il suo primo parto a casa, rispetto a tutte le altre situazioni, ma non c’è alcuna differenza tra una levatrice o un’ostetrica di un’unità ospedaliera.»
L’importanza di avere al proprio fianco un’ostetrica esperta, infatti, è fondamentale per una donna al termine della gravidanza, ma esiste un altro aspetto spesso determinante nella scelta di partorire in ospedale piuttosto che tra le mura domestiche: sono nelle cliniche e nelle strutture ospedaliere, e purtroppo ancora non su larga scala, una donna in travaglio può sottoporsi all’analgesia epidurale per limitare il dolore.
Secondo la ricerca, infatti, il 45% delle donne che inizialmente avevano preferito un parto in casa hanno poi chiesto di essere ricoverate in ospedale durante il travaglio, ma solo per poter avere accesso a questo tipo di servizi e non perché ci fossero effettivi rischi per lei o per il nascituro.
In generale, si può iniziare a pensare di far nascere il proprio bambino in casa se non ci sono complicazioni dovute, ad esempio, a una posizione podalica del feto, oppure se il travaglio inizia prima della trentaseiesima settimana di gestazione o, al contrario, dopo il termine ultimo superato il quale si procede con l’induzione.
Fonte: British Medical Journal
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