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“La prima linea” è un film di Renato De Maria, interpretato da Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno, che uscirà al cinema il 20 novembre.
Il film è liberamente ispirato al romanzo “Miccia corta” scritto da Sergio Segio, protagonista del gruppo terroristico “Prima Linea”che fu condannato per l’omicidio del giudice Emilio Alessandrini all’inizio degli anni 80.
Sergio (Riccardo Scamarcio) è un giovane militante di “Prima Linea“. Nel momento in cui il movimento da scioperi e picchetti si dedica alla lotta armata, Sergio ne diviene uno dei leader principali. Si innamora di Susanna Ronconi (Giovanna Mezzogiorno), e quando questa viene incarcerata, lui la farà evadere dal carcere di Rovigo.
Il film segue il racconto di Sergio che ricostruisce i fatti principali della sua vita, attraverso anche rimandi a foto e filmati originali dell’epoca.
La pellicola è stata molto criticata: lo stesso autore del libro ne ha preso le distanze, le associazioni delle vittime hanno lamentato il loro disaccordo. In realtà il film non esalta la figura dei terroristi.
Infatti, il regista descrive i protagonisti sempre isolati e distaccati dal mondo reale, e dimostra che l’ideologia estremizzata rende inumani.
Nonostante i buoni propositi di De Maria, la regia spesso zoppica: i salti temporali e geografici confondono lo spettatore. Il ritmo risulta lento e agonizzante. Più che un film da grande schermo sembra una puntata da “Distretto di Polizia”. Poco convincente risulta anche l’interpretazione dei protagonisti: Riccardo Scamarcio è totalmente inespressivo, mentre Giovanna Mezzogiorno risulta troppo fredda e distaccata.
La tematica affrontata è sicuramente importante: il terrorismo degli anni 70-80 è stata una triste pagina di storia italiana, su cui è necessario riflettere. Però ciò che si evince da questo film non è una riflessione storica, ma il racconto di un gruppo di giovani che per ideologie, che si rivelano astratte e assurde, si rovinano la vita e uccidono anche innocenti. Il regista dimentica e offende tutti i grandi ideologi della storia, anche quelli che hanno militato nelle bande armate. Non bisogna esaltare o giustificare i criminali, ma anche svilirli e svuotarli in questo modo risulta paradossale.
Visualizza questo contenuto suArticolo originale pubblicato il 12 novembre 2009
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