
Ricordate la tragica vicenda dello scorso dicembre in India? Una studentessa sedicenne venne violentata da più ragazzi in un autobus a New Delhi; le gravi lesioni inflitte l’avevano ridotta in fin di vita e dopo due settimane di agonia la ragazza è morta in un letto di ospedale. Persino l’autista del mezzo, anziché difenderla, aveva contribuito allo stupro e poche settimane fa, per il rimorso, ma forse più per la poca sopportazione della vita nel carcere in attesa di conoscere il proprio destino, ha deciso di non voler attendere oltre, e si è tolto la vita.
I responsabili del terribile gesto sono stati dichiarati colpevoli da un tribunale speciale e il prossimo venerdì 13 settembre sarà resa nota la sentenza nei loro confronti: potranno essere condannati all’ergastolo o alla pena di morte.
Istintivamente vien da pensare “Bene, forse allora esiste la giustizia in questo mondo, forse non si resta sempre impuniti”. Poi, però, si leggono le ricerche effettuate dall’Onu: cifre e percentuali che raccontano la violenza nel mondo asiatico, e ci si chiede “Perché?”. Perché non c’è istruzione, perché non c’è rispetto per un altro essere umano, perché c’è tanto odio per nulla represso nei confronti del sesso femminile.
La risposta a questa domanda che in tante (e fortunatamente anche in tanti) ci poniamo non la conosco. Vi dico, però, che quasi un quarto dei 10 mila intervistati in sei Paesi asiatici ha ammesso di aver commesso almeno uno stupro su una donna. E se quel perché lo poniamo a loro, i riscontri sono a dir poco agghiaccianti: perché credono di avere il diritto di fare sesso senza il consenso della donna, perché lo stupro è una forma di intrattenimento, perché si divertono o si annoiano, perché è una forma di punizione o perché l’uomo è semplicemente arrabbiato per i più disparati motivi. Oppure, the last, but non the least, perché sono ubriachi fradici.
Gli uomini che hanno a loro volta subito violenze da piccoli, specie sessuali, praticano di più gli stupri e, il più delle volte, iniziano a farlo da adolescenti.
Non basterà rinchiudere in un carcere a vita 4 bestie, non saremo soddisfatti neppure se le ammazzeranno con una puntura letale: la loro morte non metterà fine alle sofferenze di tante vittime innocenti. Vogliamo di più: vogliamo istruzione, vogliamo maggior sicurezza, vogliamo strutture adeguate per il supporto psicologico e fisico. Vogliamo rispetto, a prescindere dalla nostra provenienza e dal colore della pelle.
photo credit: Bhumika.B via photopin cc
Articolo originale pubblicato il 11 settembre 2013
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