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Indurre il travaglio dopo la rottura della membrana amniotica non protegge il neonato da infezioni o difficoltà respiratorie: lo afferma uno studio olandese.
Il travaglio indotto non limita i rischi di infezione o complicazioni respiratorie per il neonato: uno studio recente chiarisce le possibili conseguenze di questa pratica, usata per accelerare il parto soprattutto in seguito alla rottura della membrana, sfatando alcuni falsi miti.
Indurre il travaglio successivamente alla lacerazione del sacco amniotico, infatti, rappresenta una procedura molto diffusa per agevolare il parto naturale, impedendo in questo modo che una lunga attesa possa esporre il neonato a infezioni di vario tipo. Con la membrana lacerata, infatti, il nascituro non è più protetto, tuttavia sembra che stimolare le contrazioni per facilitare la nascita non abbia nessun beneficio sulla salute del piccolo.
Uno studio condotto da un team di ricercatori olandesi, con a capo David van der Ham della Maastricht University Medical Center, afferma che è sempre preferibile attendere che il parto faccia il suo corso e si avvii in modo naturale senza stimolazioni, poiché si tratta di una pratica medica inutile al fine di proteggere il bambino da infezioni o altre problematiche.
«La nostra ricerca indica che tra le pazienti sottoposte a stretto monitoraggio, rispetto alle pazienti alle quali è stato indotto il travaglio, non vi era alcuna differenza nel rischio di infezione nel neonato, problemi respiratori o nella percentuale riguardo i tagli cesarei. Per via di questi risultati, abbiamo suggerito una condotta di attesa rispetto al parto indotto, quando ciò è possibile».
I ricercatori sono giunti a questo risultato dopo aver confrontato i dati provenenti da due tipi di indagini diverse: monitorando il decorso del parto di un campione di donne olandesi, infatti, si è potuto notare come non esistano differenze sensibili – per quanto riguarda la salute neonatale – se è avvenuta o meno l’induzione. Anche attendendo una media di 3 giorni e mezzo prima di far nascere il bambino, infatti, il rischio di infezione ha presentato un tasso pari al 3,6 per cento.
Stesso discorso per quanto concerne la sindrome da distress respiratorio, vale a dire la difficoltà respiratoria che generalmente colpisce i neonati prematuri o i nati con la struttura polmonare non ancora del tutto sviluppata. Lo studio, infine, non ha riscontrato alcun legame tra una maggiore incidenza di infezioni neonatali e il taglio cesareo effettuato in seguito alla lacerazione della membrana e il mancato avvio del travaglio in modo spontaneo.
Fonte: Medical Daily
Articolo originale pubblicato il 13 febbraio 2012
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