Oscar: Paolo Sorrentino non ce la fa, il Miglior film straniero è Drive my car

La pellicola di Ryūsuke Hamaguchi, ha vinto anche su È stata la mano di Dio, portandosi a casa la statuetta dedicata alla sezione internazionale. Alla serata degli Academy Awards, il regista italiano ha partecipato insieme alla moglie Daniela, e ai due protagonisti del film: Filippo Scotti e Luisa Ranieri.

È Drive my car il Miglior film internazionale della 94esima notte degli Oscar. La pellicola del regista Ryūsuke Hamaguchi, ha vinto anche su È stata la mano di Dio, lungometraggio di Paolo Sorrentino, che in questa edizione degli Academy Awards non è riuscito a fare il bis della prestigiosa statuetta.

Tra le altre pellicole straniere in nomination per questa sezione, c’erano Flee di Jonas Poher Rasmussen, La persona peggiore del mondo di Joachim Trier e Lunana: A yak in the classroom del regista Pawo Choyning Dorji. Drive my car, era tra i favoriti con altre due nomination: Miglior regista e Miglior sceneggiatura non originale. I premi per queste due sezioni sono andati rispettivamente a Jane Campion per Il potere del cane e a CODA I segni del cuore.

Paolo Sorrentino, poco prima di partire alla volta di Los Angeles, sul suo profilo Instagram, aveva commentato così questo momento:

“Oggi, dopo due anni di lavoro, con la cerimonia degli Oscar, si chiude il ciclo di questo film. Da mesi mi viene chiesto perché ho fatto questo film e non ho mai trovato una risposta autentica. Oggi l’ho trovata: volevo tornare, anche solo per un attimo, a questa foto. A mia madre”.

Alla serata americana, Paolo Sorrentino ha partecipato insieme alla moglie Daniela, e ai due protagonisti del film: Filippo Scotti e Luisa Ranieri. E commentando la sue presenza agli Oscar, come si legge sul Corriere della Sera, si è detto “Felice, divertito, contento”, aggiungendo:

“È inutile far finta di niente: il favorito è Drive my car, che è candidato anche come miglior film e miglior regia. Io mi sento molto a mio agio nel non essere favorito. Con La grande bellezza lo ero e questo mi metteva in soggezione. Mi piace molto di più partire dalla panchina, per usare una metafora calcistica”.

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