Parto indotto: ecco in cosa consiste, seguitelo passo dopo passo

Il processo dell’induzione è molto lento e possono volerci fino a 2/3 giorni affinché il travaglio riesca finalmente a partire.

Di norma, avviene quando la data prevista per il parto è stata superata da ben 2 settimane; tuttavia, vi si ricorre anche quando la salute della futura mamma e del bambino sono a rischio. In caso di preeclampsia o diabete, i ginecologi consigliano di indurlo qualche settimana prima della data di prevista, nove evitare che il bambino cresca troppo oppure che la mamma corra troppi rischi.

Infine, si decide di indurre il parto in presenza di una leggera sofferenza fetale, ovvero quando il battito cardiaco del bambino presenta alcune anomalie, seppur la situazione generale sia ancora buona.

Ecco tutti i passaggi dell’induzione del parto:

STIMOLAZIONE MANUALE DELLE MEMBRANE

In assenza di urgenze o complicazioni, il primo step dell’induzione riguarda la stimolazione delle membrane, solitamente effettuata dalle ostetriche: viene inserito un dito a livello del collo dell’utero e vengono massaggiate le membrane che contengono il liquido amniotico, stimolando così la produzione di prostaglandine naturali.

GEL PROSTAGLANDINICO

In caso non si fossero ottenuti i risultati sperati con la stimolazione, dopo almeno 30 minuti, l’ostetrica inserirà, tramite una siringa, un gel di prostaglandine sintetiche, in fondo alla vagina. Questa azione può essere ripetuta fino ad un massimo 4 volte, a distanza di 6 ore l’una dall’altra.

ROTTURA DELLE MEMBRANE

Nel caso il travaglio non sia ancora cominciato, le ostetriche procedono con la rottura artificiale delle acque: è molto fastidioso in quanto si utilizza un uncino di plastica, inserendolo fino al collo dell’utero, per rompere il sacco amniotico. L’uscita del liquido amniotico permette alla testa del bambino di scivolare verso la vagina.

OSSITOCINA

In caso di insuccesso delle 4 fasi precedenti, si passa alla somministrazione di una flebo di ossitocina sintetica in infusione continua. Una volta che il travaglio ha finalmente preso il via, la flebo verrà comunque lasciata anche dopo il parto, per favorire le contrazioni che aiuteranno l’utero a prevenire le emorragie post-partum.

COSA SUCCEDE AL BAMBINO

L’induzione al parto non ha alcun effetto sul feto, tranne una leggera irritazione dovuta alla continua sollecitazione delle membrane.

COSA SUCCEDE ALLA FUTURA MAMMA

Il travaglio indotto è molto doloroso, in quanto le contrazioni non sono spontanee, bensì provocate farmacologicamente o meccanicamente: non si ha un crescendo come nei travagli naturali, ma le contrazioni sono da subito ravvicinate e causano un forte dolore. Si consiglia pertanto, dove possibile, di fare l‘anestesia epidurale.

SE L’INDUZIONE NON DOVESSE FUNZIONARE

In rari casi l’induzione non porta alcun risultato, ma, qualora fosse così, ci son due strade praticabili: il cesareo, oppure un nuovo ciclo di induzione:

  • Se si è deciso di indurre il parto per una sospetta sofferenza fetale, si sono rotte le acque, oppure la salute della mamma è a rischio, si procederà immediatamente al parto cesareo;
  • in caso non ci fossero urgenze, invece, si potrà procedere con un secondo ciclo di induzione, a distanza di un paio di giorni;
  • infine, se nemmeno con il secondo ciclo si riuscirà a partorire, si ricorrerà immediatamente al cesareo.

photo credit: retoricaca via photopin cc

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