Gabriella Pescucci: la masterclass su L'età dell'innocenza

La costumista premio Oscar ha partecipato alla prova costume organizzata per il pubblico da ASC per Videocittà.

Il Premio Oscar Gabriella Pescucci ha tenuto la masterclass Un tuffo nel passato organizzata dalla ASC (Associazione Scenografi, Costumisti, Arredatori Italiani) per la prima edizione di Videocittà: la sala Rimessa dell’Ex Dogana di San Lorenzo, a Roma, si è trasformata per un pomeriggio in un grande camerino, dove il costumista Carlo Poggioli e Maurizio Silvi, make-up artist, e Aldo Signoretti, hair stylist, hanno trasformato una giovane attrice nella contessa Ellen Olenska, protagonista de L’età dell’innocenza, interpretata per Martin Scorsese da Michelle Pfeiffer (pellicola del 1993 che è valsa l’agognata statuetta alla costumista italiana). Scopo ultimo? Mostrare come costumista, make-up artist e hair stylist artist riescono a trasformare l’attore in un personaggio storico durante una prova costume en plein air.

Tanti i giovani tra il pubblico, molti dei quali studenti dell’Istituto per la Cinematografia e la Televisione Roberto Rossellini, attivamente coinvolti nell’organizzazione della kermesse sull’audiovisivo ideata da Francesco Rutelli.

Ed è stato proprio l’ex sindaco, affiancato da Piera Detassis (presidente e direttore artistico della Fondazione Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello, presidente della Fondazione David di Donatello) ad aprire l’incontro: “abbiamo con noi alcuni dei nomi che rappresentano la forza creativa del nostro cinema“, ha detto.

A lui il compito di consegnare a Gabriella Pescucci il premio alla carriera di Videocittà: “per il suo lavoro mai banale e per la sua capacità di creare senza smettere e senza essere mai uguale a se stessa“.

Gabriella Pescucci e Carlo Poggioli (Foto: Facebook@asc)

Dopo alcuni video con cui si è dato conto della lunga carriera artistica non solo della Pescucci (che annovera tra i suoi lavori, oltre a L’età dell’innocenza, C’era una volta in America di Sergio Leone, Il nome della rosa di Jean Jacques Annaud, Le avventure del Barone di Munchausen di Terry Gilliam, La famiglia di Ettore Scola, La fabbrica di cioccolato di Tim Burton e le due serie tv I Borgia e Penny Dreadful), ma anche di Carlo Poggioli (I fratelli Grimm di Terry Gilliam, Miracle at ST. Anna di Spike Lee, The Zero Theorem di Terry Gilliam, Youth, The Young Pope e Loro 1 e Loro 2 di Paolo Sorrentino), di Maurizio Silvi e Aldo Signoretti (La grande bellezza di Paolo Sorrentino, Moulin Rouge di Baz Luhrmann, Il giovane favoloso di Mario Martone, Loro 1 e 2 di Paolo Sorrentino), si è passati quindi a raccontare i mestieri delle quattro eccellenze italiane, dall’ispirazione al rapporto col regista, dal lavoro in sartoria fino al prodotto finito.

Aldo Signoretti a Un tuffo nel passato (Foto: Facebook @asc)

Il cinema è un lavoro di équipe: tutti mettiamo la nostra creatività al servizio del regista, per dare energia al film. La nostra non è una professione che si fa in solitudine; abbiamo bisogno degli altri“, ha spiegato la Pescucci. “Il lavoro del costumista inizia leggendo il copione: è da lì che parte ogni cosa. Non tutti costumisti sanno disegnare, anzi ce ne sono di molti anche bravissimi che non sanno farlo. Per me, però, il disegno è indispensabile per fissare un’idea e memorizzarla. È coi disegni, poi, che vado dal regista: appena mi accetta uno stile, un’atmosfera parto con la realizzazione in sartoria, uno step che può durare anche sei mesi. In tutto questo processo due cose sono importanti: la fiducia del regista nel mio lavoro e l’approvazione del budget da parte della produzione. E la seconda è di solito molto più difficile da ottenere che la prima. Per stilare un budget di spesa occorrono un paio di settimane: giorni lunghi e sofferti in cui sei consapevole che se la cifra proposta è troppo alta, la produzione andrà dalla concorrenza; ma se è troppo bassa, poi dovrai cavartela con risorse insufficienti“.

Maurizio Silvi a Un tuffo nel passato (Foto: Facebook@asc)

Due i registi a cui va il pensiero della costumista, oltre al maestro Piero Tosi : “Leone e Scorsese. Sergio era un uomo brusco, di poche parole ma di una sensibilità estetica meravigliosa. Con Martin, invece, abbiamo parlato tanto delle coloriture. Stavamo mettendo in scena un’epoca mai fatta prima al cinema (L’età dell’innocenza è ambientato nella New York del 1870, ndr.) e dovevamo fare tutti i costumi nuovi anche delle comparse. Una cosa che di solito non è necessario fare, perché le sartorie, come la Tirelli, hanno a disposizione centinaia di abiti per ogni periodo storico che i costumisti possono affittare. Sono i protagonisti principali che si fanno sempre, perché lo spettatore riconoscerebbe immediatamente un abito già indossato“.

Ed è stato impossibile, infatti, non riconoscere l’abito verde indossato dalla Pfeiffer (il capo originale, proprietà della Fondazione Tirelli) scelto per la prova costume. A completare l’opera, il make-up stile fine Ottocento, molto naturale come si usava allora e realizzato con polveri colorate (“polvere di riso e belletto, ma utilizzati in modo molto naturale, a differenza della copertura pesante e artificiosa preferita invece nel Settecento“, ha spiegato Maurizio Silvi), e l’acconciatura fatta con ferro caldo e qualche treccia posticcia.

Un tuffo nel passato (Foto: Facebook@asc)

Infine, prima dei saluti, il consiglio ai più giovani: “non abbiate fretta di firmare subito il primo lavoro, ma fatevi le ossa accanto ai più grandi e imparate da loro il più possibile. C’è sempre tempo per spiccare il volo e quando lo farete saprete andare lontano“, ha concluso Carlo Poggioli.

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