Suicidio assistito, 46enne tetraplegico: "Voglio morire in sedazione profonda"

Fabio Ridolfi ha aspettato per più di un mese l'autorizzazione a procedere, sopportando terribili sofferenze, ma la risposta del servizio sanitario è arrivata in ritardo e incompleta. Così, l'uomo ha deciso di addormentarsi per sempre.

Il suicidio assistito è una tematica molto calda nel nostro Paese, e la storia di Fabio Ridolfi è solo una delle tante voci che purtroppo ancora soffrono per colpa dei ritardi e dell’ostruzionismo delle nostre istituzioni.

Il 46enne di Fermignano, in provincia di Pesaro, è immobilizzato da quando aveva 18 anni a causa di una tetraparesi. Fabio Ridolfi, in una situazione ormai ingestibile, aveva fatto richiesta allo Stato di poter morire con l’aiuto del medico, invocando così il diritto al suicidio assistito. La risposta e l’autorizzazione, però, ci hanno messo un mese e mezzo ad arrivare, tempo in cui Ridolfi ha sofferto dei dolori atroci e insopportabili. E alla fine, l’uomo non ha più voluto aspettare.

Il comitato etico si era riunito e aveva deciso che Fabio Ridolfi avesse i requisiti per accedere legalmente al suicidio assistito, eppure, secondo l’Associazione Luca Coscioni che segue il caso, il servizio sanitario regionale delle Marche non gli ha fatto pervenire la risposta. Non solo: quando questa è arrivata, si è rivelata essere incompleta, perché mancante dell’indicazione su farmaco e modalità di somministrazione.

Così, il 46enne ha deciso di non andare avanti con azioni legali, ma ha preso una decisione per la sua vita, nonostante sia consapevole del dolore che la sua famiglia dovrà ancora sopportare: ha scelto di addormentarsi, aspettando così la sua morte.

Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene.

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