Come Andy Warhol tornò in vita dopo essere stato dichiarato morto

Arrivato in ospedale in fin di vita, l'artista fu salvato in extremis da un chirurgo italiano

Forse non tutti sanno che alla fine degli anni Sessanta Andy Warhol, uno degli artisti più iconici del XX secolo, è stato sul punto di morire dopo una sparatoria.

Era il 3 Giugno 1968 quando Valerie Solanas, frequentatrice della Factory di Wharol, entrò nello studio dell’artista colpendolo con diversi colpi di pistola. Valerie aveva 32 anni ed era fondatrice ed unico membro dell’associazione femminista SCUM (Society for Cutting Up Men). Nel suo manifesto si prefiggeva l’obiettivo di eliminare gli uomini, in quanto esseri inferiori, così da creare una società completamente al femminile.

In una nuova biografia dedicata alla Solanas, sono descritti i dettagli drammatici dell’attentato in cui Wharol rischiò la morte. La donna quella mattina entrò nello studio e improvvisamente sparò tre colpi ravvicinati all’artista che, spaventato, cercò di ripararsi dietro la sua scrivania.

Quando la pistola si inceppò, la donna scappò via lasciando Warhol in un mare di sangue. Dopo aver atteso l’ambulanza per venti minuti, il suo curatore Mario Amaya e il manager Fred Hughes lo portarono in taxi al pronto soccorso del Columbus Hospital di New York. L’artista, catatonico e senza polso, fu dichiarato morto alle ore 4.51 di sera.

Per caso il paziente fu visitato dal medico di origini italiane Giuseppe Rossi: si trattava di un chirurgo toracico altamente qualificato e specializzato in ferite da colpi di proiettile. Il professionista gli aprì immediatamente il torace e, dopo vari massaggi cardiaci, riuscì a riattivargli il cuore riportandolo in vita.

Warhol riuscì, quindi, a sopravvivere grazie alla prontezza del chirurgo ma l’attentato influì per sempre sul resto della sua vita. Oltre alle grosse cicatrici sul torace, l’artista soffrì di postumi permanenti senza mai riuscire a superare il trauma.

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Valerie shot Andy by Avedon

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