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La morte del giovane fu omicidio preterintenzionale: la Cassazione ha confermato l'impianto di accusa per i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, la cui pena definitiva viene diminuita da 13 a 12 anni.

Omicidio preterintenzionale. È questa la sentenza definitiva emessa il 4 aprile 2022 dalla Cassazione che mette la parola fine alla vicenda giudiziaria sulla morte di Stefano Cucchi, o almeno alla prima parte di essa.
Un caso che va avanti da 13 anni e che ha visto al banco diversi imputati, tra cui i due militari dell’Arma dei Carabinieri, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, la cui pena definitiva viene diminuita da 13 a 12 anni dalla Corte, ma l’impianto di accusa resta lo stesso.
La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, ha portato avanti con coraggio la battaglia legale alla ricerca della verità in tutti questi anni, da quando suo fratello è morto nel 2009 all’ospedale Pertini di Roma, una settimana dopo l’arresto. Come si legge sul Fatto Quotidiano, ha commentato così la sentenza della Cassazione:
“A questo punto possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta nei confronti di loro che ce l’hanno portato via. Devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato fin qui”.
La Cassazione, inoltre, ha deciso che ci sarà un processo di appello bis per il reato di falso nei confronti di altri due carabinieri, Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, condannati in appello a 4 e a 2 anni e mezzo. Su questo procedimento incombe però la prescrizione che scatta a maggio 2022.

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