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Si è spenta il 30 dicembre 2012 Rita Levi Montalcini, una delle donne simbolo del ‘900. Il suo nome potrà apparire molto facilmente in una delle tracce della prima prova della maturità di quest’anno, ad esempio nel tema di argomento scientifico.
Alzheimer, dolore cronico, maculopatie: sono alcune delle applicazioni terapeutiche del fattore di crescita nervosa, che le valse il Nobel assieme a venti lauree honoris causa, innumerevoli riconoscimenti nazionali e internazionali, membro delle più prestigiose accademie scientifiche mondiali, senatrice a vita. La sua autobiografia, Elogio dell’imperfezione, venne pubblicata nel 1987, ampliata poi con Cantico di una vita(2000), che contiene alcune delle numerose lettere che scambiò negli anni con la sua famiglia e in particolare con l’amata gemella Paola. Una donna anziana, ma tremendamente moderna, che ha saputo vivere come voleva, senza mai farsi fermare dagli ostacoli che ha incontrato: la guerra, la sua origine ebraica, la diffidenza degli uomini. Anche molto anziana continuò la sua opera instancabile a favore della ricerca per le pari opportunità e per la diffusione della cultura intesa come base per costruire una società migliore.
Vita e operato del personaggio: Nata in una famiglia ebrea sefardita, figlia di Adamo Levi, ingegnere elettrotecnico e matematico, e della pittrice Adele Montalcini, e sorella di Gino, scultore e architetto noto negli anni trenta, e Anna, nel 1909 Rita nacque insieme alla sorella gemella Paola, nota pittrice.
Ha da sempre vissuto in un ambiente molto intellettuale dove ha potuto imparare ad apprezzare la cultura e la scienza: nonostante suo padre fosse convinto che una carriera professionale avrebbe interferito con i doveri di una moglie e di una madre, Rita decise nell’autunno del 1930 di studiare medicina all’Università di Torino; la scelta della facoltà fu determinata dal fatto che in quell’anno si ammalò e morì di cancro la sua amata governante Giovanna Bruatto. Nel 1936 il rettore dell’Università di Torino, Silvio Pivano, le conferì la laurea in Medicina e Chirurgia con 110 e lode, successivamente si specializzò in neurologia e psichiatria, ancora incerta se dedicarsi completamente alla professione medica o allo stesso tempo portare avanti alcune ricerche in neurologia iniziate durante gli studi.
Durante lo scoppio della seconda guerra mondiale allestì un laboratorio domestico situato nella sua camera da letto per proseguire le sue ricerche, ispirate da un articolo di Viktor Hamburger del 1934 che riferiva sugli effetti dell’estirpazione degli arti negli embrioni di pulcini. Il suo obiettivo era quello di comprendere il ruolo dei fattori genetici e di quelli ambientali nella differenziazione dei centri nervosi. In quel laboratorio Rita Levi-Montalcini scoprì il meccanismo della morte di intere popolazioni nervose nelle fasi iniziali del loro sviluppo, fenomeno riconosciuto solo tre decenni più tardi (1972) e definito con il termine apoptosi.
Nel 1943 l’invasione dell’Italiada parte delle forze armate tedesche li costrinse ad abbandonare il loro rifugio ormai pericoloso. L’8 settembre 1943, il fratello Gino si sposò e, dopo un breve viaggio di nozze a Oropa, decise di portare nel sud Italia tutta la famiglia: la madre, la giovane moglie e le sorelle. Iniziò un pericoloso viaggio che si concluse a Firenze, dove i Levi Montalcini rimasero divisi in vari alloggi, sino alla liberazione della città, cambiando spesso abitazione per non incorrere nelle deportazioni. Una volta furono salvati da una domestica, che li fece scappare appena in tempo. A Firenze, Rita fu in contatto con le forze partigiane del Partito d’Azione e nel 1944 entrò come medico nelle forze alleate.
Dopo la liberazione, nel 1947 le venne offerta una cattedra alla Washington University di St.Louis dove, all’inizio degli anni Cinquanta, fece la sua scoperta più importante: la proteina del fattore di crescita del sistema nervoso (Ngf), studio che trent’anni dopo venne premiato con il Nobel, una ricerca fondamentale per la comprensione dei tumori e con ricadute importanti nella cura di malattie come Alzheimer e Sla.
Una volta in pensione, nel 1977 ritornò in Italia, con la quale non aveva mai interrotto i rapporti – negli anni Sessanta e Settanta collaborò in numerose occasioni con il Cnr e non lasciò mai la nazionalità italiana per diventare cittadina statunitense. Nel 1987 ricevette dal presidente Ronald Reagan la Medal of Science, il più alto riconoscimento scientifico americano. Sebbene dichiaratamente atea, donò una parte del premio in denaro del Nobel per la costruzione di una sinagoga a Roma.
Articolo originale pubblicato il 18 giugno 2013
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