Ucraina: una bimba di 5 anni malata di leucemia è arrivata a Monza per curarsi

Keira era in cura all'ospedale pediatrico di Chernivtsi, ora potrà continuare la sua battaglia contro la malattia al San Gerardo. Il suo è stato un viaggio lungo 1600 chilometri: a percorrerlo per metterla in salvo sono stati i volontari del CISOM, insieme alla zia della piccola.

Da Milano a Siret, un viaggio di solidarietà lungo 1600 chilometri. A percorrerlo sono stati i volontari dei gruppi del capoluogo lombardo e di Monza, a bordo di un’ambulanza del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta (CISOM), per portare in salvo Keira, una bambina ucraina di cinque anni, malata di leucemia.

Con gli operatori, si è messa in viaggio la zia della piccola e da Besana Brianza, hanno attraversando insieme la Slovenia e l’Ungheria, fino ad arrivare alla dogana di Siret, confine dove ogni giorno passano migliaia di profughi in fuga dalla guerra.

Keira, era in cura all’ospedale clinico pediatrico regionale di Chernivtsi, nella regione occidentale dell’Ucraina. Ora, la sua battaglia contro la leucemia potrà ricominciare da Monza all’ospedale San Gerardo, anche grazie ai quattro volontari che hanno affrontato il viaggio: Norman, Sergio, Carmelo e Manuele.

I volontari CISOM e Natasha, la zia di Keira, sono partiti martedì 8 marzo. Ad attenderli sul confine ucraino, la piccola e sua madre che si sono lasciate alle spalle gli orrori della guerra per poter ritrovare la speranza e le cure necessarie per combattere la leucemia.

“Più ci avvicinavamo al confine con l’Ucraina, più lo scenario cambiava. File di macchine in coda per ore alla barriera tra la Romania e l’Ungheria. Un flusso interminabile. È stata un’immagine forte, ci ha catapultati nell’emergenza e ci ha fatto toccare con mano ciò che la popolazione, anche dei paesi vicino, sta affrontando da più di quindici giorni”, hanno dichiarato i volontari.

E poi ancora: “Arrivati a Siret, davanti ai nostri occhi ci siamo trovati un paesaggio triste, persone stremate, infreddolite che dopo ore, con la sensazione di pericolo, tra bombe e posti di blocco sono finalmente riusciti a raggiungere il confine insieme ai propri cari e compagni a quattro zampe o con i soli vestiti che si ha indosso, perché era troppo forte la paura di rientrare in casa per prendere lo stretto necessario, qualche ricordo metterlo in un trolley e fuggire via il più lontano possibile”.

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