
Un vaccino per prevenire l'infarto: a Milano è iniziata la sperimentazione
Al centro dello studio il farmaco Inclisiran, in grado di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi, dimezzando i livelli di colesterolo cosiddetto "cattivo".
Al centro dello studio il farmaco Inclisiran, in grado di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi, dimezzando i livelli di colesterolo cosiddetto "cattivo".
A Milano è iniziata una sperimentazione che fa ben sperare tutti i pazienti cardiologici: si tratta di un vaccino che sarebbe in grado di prevenire l’infarto. La sperimentazione è cominciata al Centro cardiologico Monzino del capoluogo lombardo, il primo in Italia a guidare lo studio, che ha già reclutato i primi tre pazienti per testare gli effetti dell’Inclisiranl, un farmaco che dimezza i livelli di colesterolo cattivo riducendo il rischio di eventi cardiovascolari gravi.
Lo studio, che al momento ha arruolato tre pazienti (la prima sarebbe una donna colpita da un infarto grave circa due mesi fa), coinvolgerà oltre 10 mila pazienti nel mondo, con l’obiettivo di dimostrare che il nuovo farmaco dell’azienda Novartis che, come un vaccino, viene somministrato solo due volte l’anno, è in grado di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari gravi, come infarto e ictus, dimezzando i livelli di colesterolo cosiddetto “cattivo”. Il medicinale Inclisiran al centro dello studio è stato definito dal padre della Cardiologia moderna Eugene Brauwnwal il futuro «vaccino anti-infarto».
Piergiuseppe Agostoni, direttore del Dipartimento di Cardiologia Critica e Riabilitativa Monzino, ha spiegato all’Ansa: “È noto come l’LDL-C giochi un ruolo chiave nello sviluppo e la progressione delle malattie cardiovascolari e aterosclerotiche ed è dimostrato che, abbassandone i livelli nel sangue, si ottiene una riduzione della loro incidenza e della mortalità“.
Tre delle ricercatrici che si occupano dello studio, Elisabetta Salvioni, Fabiana De Martino e Irene Mattavelli, hanno invece fatto sapere di essere «particolarmente contente di aver iniziato con un soggetto di sesso femminile perché negli studi clinici le pazienti (donne) sono spesso sotto-rappresentate nonostante abbiano un rischio cardiovascolare sovrapponibile a quello degli uomini».
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