La top 10 degli abiti che hanno fatto la storia del cinema

Gli abiti che hanno fatto la storia del cinema sono entrati saldamente nell'immaginario collettivo come delle vere e proprie icone: vediamo la top 10.

A decretare il successo di un film, al di là della storia messa in scena e dall’interpretazione degli attori, sono molto spesso anche i costumi, che hanno il compito di raccontare l’epoca in cui si svolge l’azione e la personalità e il grado sociale dei protagonisti, per questo ci sono degli abiti che hanno fatto la storia del cinema, entrando prepotentemente nell’immaginario collettivo e divenendo, a lungo andare, delle vere e proprie icone.

Merito, certo, dei costumisti e delle sartorie a cui si appoggiano. Un esempio su tutti? Difficile immaginare il Marchese del Grillo in modo diverso da quello magistralmente creato da Gianna Gissi per Alberto Sordi nella celeberrima pellicola di Mario Monicelli. Il nostro paese, d’altronde, da sempre eccelle per l’alta qualità del suo artigianato e annovera grandi professionisti che da una parte hanno contribuito a portare il nostro cinema ai vertici mondiali dall’altra sono chiamati, da sempre, a collaborare in produzioni internazionali.

Abiti della storia del cinema

Ecco la lista in ordine cronologico dei 10 abiti che hanno fatto la storia del cinema.

  1. Abito verde bottiglia di Vivien Leigh in Via col Vento (1939): è il celebre vestito realizzato con le tende della tenuta in rovina di Rossella O’Hara, in modo da ingannare sullo stato economico de Le Dodici Querce. La tenda diventa abito e accessori, cappello, borsa, cintura: Rossella resiste fino all’ultimo, anche grazie alla sua bellezza e al suo guardaroba. I costumi del film, tutti splendidi, con cui generazioni e generazioni hanno sognato, sono opera di Walter Plunkett, uno dei costumisti più prolifici e famosi di Hollywood.
  2. Abito nero di Rita Hayworth in Gilda (1946): realizzato dal costumista statunitense Jean Louis per la scena in cui Gilda interpreta il brano Put The Blame On Mame, improvvisando un breve striptease. Per creare gli abiti per Gilda, Jean Louis si ispirò ai ritratti di Madame X, celebre socialite parigina. Secondo la rivista Life il guardaroba realizzato da Jean Louis per Rita Hayworth aveva un valore di addirittura 60.000 dollari, dollaro in più dollaro in meno. Jessica Rabbit in Chi ha incastrato Roger Rabbit, indossa un abito simile, in rosso, e si esibisce in una performance di Why Don’t You Do Right? rifacendosi allo stile della Hayworth.
  3. Abito bianco di Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza (1955): il celeberrimo vestito di chiffon bianco indossato dalla Monroe è opera di William Travilla, talmente famoso che la figura della stessa attrice nell’immaginario collettivo gli è rimasta indissolubilmente legata. Si tratta di un semplice abito da cocktail leggero: il corpetto in tessuto pieghettato ha una profonda scollatura ed è formato da due pezzi di tessuto che si uniscono dietro al collo, lasciando braccia, spalle e schiena scoperte. La fascia in vita parte immediatamente da sotto il seno, quindi parte la lunga gonna plissettata. Il vestito era tra le circa altre 600 memorabilia, per lo più abiti di scena, che appartenevano alla collezione della cantante e attrice Debbie Reynolds ed è stato venduto ad un’asta a Beverly Hills, nel 2011, per 5,5 milioni di dollari.
  4. Tubino nero di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany (1961): disegnato da Givenchy, ha smesso da tempo di essere soltanto un abito per diventare una vera e propria icona del cinema e della moda. Si tratta di un abito da sera senza maniche, con gonna lunga sin quasi al suolo, leggermente stretta in vita e con uno spacco fino alla coscia da un lato. Il corpetto è leggermente aperto sulla parte posteriore con un décolleté che lascia scoperte le spalle. Considerato da più parti l’abito più influente della storia della moda, ne è stata battuta all’asta una copia per 467.200 sterline.
  5. Abito bianco e nero di Audrey Hepburn in My Fair Lady (1964): come tutti i costumi del film, fu disegnato da Cecil Beaton (Oscar ai migliori costumi per il suo lavoro). Ispirato alla moda della Parigi degli Anni Venti, il vestito per il personaggio di Eliza Dollitlle è un abito stile sirena lungo sino ai piedi e stretto sulla gonna e sulle lunghe maniche. L’abito è decorato da alcuni nastri a strisce bianche e nere e da due fiocchi delle stesse tonalità sul petto ed alla base della gonna. L’abito è abbinato ad un cappello sovradimensionato che richiama gli stessi colori e gli stessi decori del vestito, ed adornato da una composizione di fiori rossi e rosa e piume bianche. La mise è completata da due guantini bianchi ed un ombrello dello stesso colore. L’abito è entrato a far parte della collezione privata di memorabilia hollywoodiana di Debbie Reynolds, che l’ha tenuto in esposizione presso l’Hollywood Motion Picture Museum.
  6. Cappotto nero di Catherine Deneuve in Bella di giorno (1967): l’intero guardaroba di Séverine, magistrale creazione di Luis Buñuel, si deve a Yves Saint Laurent. Gli abiti contribuiscono a delineare il personaggio e a sottolineare il doppio registro narrativo che si dipana tra sogno e realtà. Nella vita reale Séverine indossa abiti eleganti e castigati, da borghese: cappotti e soprabiti rigorosi e dalle linee rigide, prevalentemente doppiopetto, abbottonatissimi e che rimandano allo stile militare, simbolo di rigore, chiusura e adesione alle regole sociali borghesi, nonché a quelle derivanti dall’educazione cattolica. Una curiosità: le scarpe, Pilgrim pumps, sono state disegnate per l’attrice dallo stilista francese Roger Vivier e rappresentano il suo progetto più imitato al mondo.
  7. Abito verde di Jane Fonda in Barbarella (1968): è un aderente bustino metalizzato che ha fatto sognare generazioni di adolescenti, complice il corpo a dir poco statuario della Fonda. Oltre a questo Paco Rabanne realizza tutine attillatissime intramezzate da dettagli metallici, corpetti con applicazioni in plexiglas effetto nude look, giubbini argentati in stile astronauta e sexy mise che utilizzano lamè, frange, plastica in abbondanza, sempre rigorosamente abbinate a stivali con risvolto o a sensualissimi ma aggressivi cuissards. Nasce qui la moda spaziale che troverà in Courrégès e Cardin due alfieri. Una curiosità: Rabanne suscitò il disappunto niente meno che di Coco Chanel in persona che, pare, lo definì ‘il metallurgico della moda’.
  8. Abito rosso di Julia Roberts in Pretty Woman (1990): fortemente voluto dalla costumista Marilyn Vance, contro il parere dello stesso regista, che voleva a tutti i costi un abito nero. Ha avuto la meglio e anche ragione, perché l’abito rosso con profondo scollo a cuore è entrato tra gli abiti più desiderati.
  9. Abito bianco di Sharon Stone in Basic Instinct (1992): in crêpe di lana firmato Ellen Mirojnick, stretto, corto, senza maniche e con collo alto, abbinato a un’ampia giacca e a un paio di open toe dal tacco altissimo e cinturino alla caviglia anch’esse bianche. Fosse stato indossato da un’altra attrice forse sarebbe passato inosservato, ma accompagnato da splendide gambe è passato alla storia come uno degli abiti più sensuali del cinema.
  10. Abito verde di Keira Knightley in Espiazione (2007): giudicato da più fonti come uno dei migliori costumi della storia del cinema, è stato disegnato da Jaqueline Durran (che ha vinto, tra i tanti premi, l’Oscar). L’abito è simile a quelli prodotti negli anni Trenta della casa di moda Paquin. Il colore verde è stato espressamente richiesto dal regista Joe Wright, e quella particolare tonalità di verde smeraldo è stata ottenuta combinando tre diverse combinazioni: una seta verde acido, un’organza nero e verde e un altro chiffon verde. L’abito ha una gonna lunga sino al suolo, con alto spacco laterale e un piccolo strascico. Il corpetto con sottilissime spalline lascia la schiena completamente scoperta ed è decorato con minuscoli fori realizzati con l’utilizzo di taglio al laser. Il corpetto è un pezzo separato dalla gonna, con cui è collegato attraverso l’utilizzo di corsetteria nascosta o di una cerniera lampo. L’abito è stato realizzato in due pezzi separati è per facilitare i movimenti dell’attrice e rendere le sequenze più fluide. Nella realizzazione del film sono stati utilizzati dieci corpetti e quattro gonne.

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