Un biohacker si fa installare 32 microchip nel corpo: "Non vorrei vivere senza"

Patrick Paumer, 37enne olandese, è uno dei casi più estremi al mondo di impianto di tecnologia sottocutanea: è in grado di pagare avvicinando la mano al Pos e aprire le porte di casa senza chiavi.

Non si tratta di un episodio di Black Mirror: un uomo di nome Patrick Paumer, 37 anni, si è davvero fatto installare 32 chip sotto la pelle. Ed è grazie a uno di questi che riesce a pagare semplicemente avvicinando la mano al Pos, senza denaro né carte di credito. “Le reazioni che noto alla cassa quando è il momento di pagare non hanno prezzo”, ha affermato Paumer, olandese addetto alla sicurezza che si definisce un biohacker. É uno dei casi più estremi al mondo di impianto di microchip nel corpo umano.

La procedura fa male tanto quanto un pizzicotto. La tecnologia continua a evolversi, quindi continuo a collezionarne di più. Non vorrei vivere senza di loro“, ha spiegato Paumer alla Bbc.

Per molte persone, l’idea di avere un simile chip impiantato nel nostro corpo potrebbe risultare spaventosa. Se non altro per le preoccupazioni relative all’invasività e alla sicurezza. Ma non per Paumer, che ha spiegato: “Gli impianti contengono lo stesso tipo di tecnologia che le persone utilizzano quotidianamente. Dai telecomandi per aprire le porte, alle carte bancarie o quelle per il trasporto pubblico“. Infatti è in grado di aprire le porte di casa senza chiavi, solamente avvicinandosi a un sensore.

Non è l’unico a pensarla così: come riportato sempre da Bbc, un sondaggio del 2021 su oltre 4 mila persone nel Regno Unito e Nell’Unione Europea ha, infatti, rivelato che il 51% degli esaminati prenderebbe in considerazione l’idea di fare lo stesso.

Un microchip è stato impiantato per la prima volta in un essere umano nel 1998, ma è solo nell’ultimo decennio che la tecnologia è stata resa disponibile in commercio. L’azienda anglo polacca Walletmor, una delle prime a mettere in vendita questi sistemi al grande pubblico, ha rassicurato sull’affidabilità e sicurezza della procedura.

I chip di pagamento impiantati sarebbero solo “un’estensione dell’Internet delle cose“, e cioè, un nuovo modo di connettere e scambiare dati. Lo ha affermato Theodora Lau, esperta di tecnologia e fintech, coautrice del libro Beyond Good: How Technology Is Leading A Business Driven Revolution. Tuttavia, la studiosa è consapevole dei rischi, soprattutto in materia di privacy e dati personali: Quanto siamo disposti a pagare, per comodità? Dove tracciamo il confine quando si tratta di sicurezza? Chi proteggerà l’infrastruttura e gli esseri umani che ne faranno parte?”, ha argomentato.

Anche Nada Kakabadse, professoressa esperta di politica ed etica alla Henley Business School della Reading University, è cauta a riguardo: “C’è un lato oscuro nella tecnologia che ha un grande potenziale di abuso. Apre nuove prospettive per il controllo, la manipolazione e l’oppressione a coloro che non amano la libertà individuale”, ha dichiarato.

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