Gucci: Alessandro Michele dice addio alle sfilate, solo 2 presentazioni all'anno

Il direttore creativo concorda con le esternazioni di Giorgio Armani, e in un post su Instagram ha illustrato la volontà di riprendersi i giusti tempi del processo creativo.

Uno degli atteggiamenti positivi più comuni nei confronti della pandemia è stato quello di considerarla come un’opportunità per ripensare le proprie attività, tornando all’essenzialità. Singolarmente il mondo della moda è stato uno dei settori più interessati da queste rivoluzioni teoriche, e proprio oggi arrivano le dichiarazioni di Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, che si muovono in questa direzione.

La trasformazione già prospettata da Giorgio Armani, che si era scagliato contro la frenesia e la bulimia produttiva della moda, è infatti riflessa in una serie di pensieri programmatici pubblicati da Michele in un post su Instagram, denominati “Appunti dal silenzio“.

Al netto delle premesse e delle suggestioni poetiche espresse dallo stilista, quello annunciato è un addio alla pratica delle sfilate stagionali come le conosciamo. Al fondo della questione c’è il bisogno di rivedere la gestione della dimensione temporale, scrive Michele: “Nel mio domani abbandonerò il rito stanco della stagionalità e degli show per riconquistare una nuova scansione del tempo, più coerente con il mio bisogno espressivo“.

Al momento sembra che l’intenzione sia quella di fissare due appuntamenti annuali, senza scadenze fisse, per mostrare al pubblico quanto prodotto solo una volta raggiunto il risultato desiderato: “Ci incontreremo solo due volte l’anno, per condividere i capitoli di una nuova storia. Capitoli irregolari, impertinenti e profondamente liberi, che saranno scritti piegando regole e generi, nutrendosi di nuovi spazi, codici linguistici e piattaforme comunicative“.

Non è un caso che a cambiare sarà anche tutto il vocabolario e le etichette attualmente utilizzati in ambito fashion: saluteremo termini come “cruise, pre-fall, spring-summer, fall-winter“, definite dal fashion designer “parole stantie e denutrite, sigle di un discorso impersonale, che ha perso di significato“. Quella che lamenta Michele, come molti altri professionisti del settore, è una perdita di aderenza alla realtà e alla vita.

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*DIARIO*

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La proposta, sicuramente avanguardistica e forse altrettanto irreale, è quella di appoggiarsi alle suggestioni del mondo della musica, in particolar modo la classica: “Ci saranno quindi sinfonie, rapsodie, madrigali, notturni, ouverture, concerti minuetti sul mio percorso creativo. La musica, in fondo, ha il sacro potere di produrre riverberi e connessioni.”

Resta da capire quanto queste dichiarazioni andranno a concretizzarsi in una nuova pratica e quanto invece si tratti di una mossa di marketing atta a catturare per qualche tempo la luce dei riflettori. Solo il tempo potrà rispondere a questi dubbi, ma resta alto l’interesse per una visione originale come quella di Michele, che ha il coraggio di denunciare i mali che affliggono il mondo della moda, esposti dall’emergenza provocata dalla pandemia.

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*My heavenly gang*

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