Matthew Perry: "In coma due settimane per overdose da oppioidi"

L'inteprete di Chandler Bing in Friends ha parlato per la prima volta apertamente nella sua autobiografia dei problemi di dipendenza avuti in passato e che lo hanno portato a un passo dalla morte.

Matthew Perry è entrato nel cuore del pubblico grazie alla serie Tv Friends di cui è stato uno dei protagonisti e continua ad avere tanti fan interessati a conoscere i suoi progetti. Ora l’attore ha deciso di rivelare alcuni lati meno nascosti della sua vita in un’autobiografia, dal titolo Friends, Lovers and The Big Terrible Thing, in uscita il 1° novembre 2022.

L’opera è stata l’occasione per raccontare apertamente i suoi problemi di dipendenza, di cui pochissimi erano a conoscenza, e che lo hanno portato vicino alla morte.

C’è però una motivazione ben precisa se è arrivato confessarsi solo ora: “Sono abbastanza sicuro che avrebbe aiutato le persone – ha detto al magazine americano People -. Ho dovuto aspettare di essere abbastanza sobrio e lontano dall’alcolismo e dalla dipendenza per scrivere tutto”.

I suoi problemi sono iniziati quando aveva solo 24 anni ed era entrato da poco a far parte del cast del telefilm amatissimo anche in Italia. “In quel periodo potevo gestire la situazione, più o meno – ha rivelato -. A 34 anni ero trincerato in un mare di guai. Ma ci sono stati anni in cui ero sobrio. La stagione 9 è stato l’anno in cui sono stato sobrio per tutto il tempo. E indovinate per quale stagione sono stato nominato come miglior attore”.

Ben presto c’è stato anche il tracollo fisico: è arrivato a pesare meno di 58 chili e a prendere 55 Vicodin al giorno. A quel punto vedere una via di uscita per lui era quasi impossibile: “Se la polizia fosse venuta a casa mia dicendomi ‘Se bevi stasera, ti porteremo in prigione’, avrei dovuto iniziare a fare le valigie. Non potevo fermarmi perché la malattia e la dipendenza sono progressive. Quindi peggiorano man mano che si invecchia”.

Il momento peggiore per Matthew Perry doveva però ancora arrivare: l’artista ha infatti trascorso ben cinque mesi in ospedale, due settimane in coma, a cui si è aggiunta la necessità di avere una sacca per la colostomia nei mesi successivi. Anche chi lo aveva in cura era davvero pessimista sul suo quadro clinico: “I medici hanno detto alla mia famiglia che avevo il 2% di possibilità di vivere. Mi hanno attaccato a una macchina, Ecmo, per ossigenare cuore e polmoni. C’erano cinque persone attaccate a quella macchina quella notte. Le altre quattro sono morte. La domanda è: perché io? Ci deve essere una spiegazione”.

Ancora adesso lui non può dimenticare quanto abbiano fatto per lui i colleghi di Friends: “Erano comprensivi e pazienti. È come i pinguini. I pinguini, in natura, quando uno è malato o molto ferito, gli altri lo circondano e lo sostengono. Gli camminano intorno fino a quando quel pinguino può camminare da solo. Questo è un po’ quello che il cast ha fatto per me”.

I momenti difficili in quegli anni non sono mancati, legati anche ai 14 interventi allo stomaco che ha dovuto subire. Ora lui si augura che la sua esperienza possa essere di aiuto a chi si trova nella sua stessa situazione e teme di non riuscire a uscirne: “Ora sto abbastanza bene. Nel libro scrivo che se fossi morto avrebbe scioccato la gente ma non avrebbe sorpreso nessuno. E questa è una cosa spaventosa con cui vivere. Quindi la mia speranza è che chiunque legga capisca che questa malattia colpisce tutti. Non importa se hai successo o non hai successo, alla malattia non importa” – ha concluso.

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