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Palais El badi a Marrakech ha ospitato la nuova sfilata disegnata da Maria Grazia Chiuri dedicata all'Africa e al Common Ground.
La moda torna a Marrakech: Maria Grazia Chiuri porta in Marocco (con tanto di aereo brandizzato da Parigi) la Dior collezione Cruise 2020. Prima volta per la maison parigina (che in patria sconta le rivolte dei Gilets Jaune con una flessione delle vendite) in quella terra magrebina tanto amata da Yves Saint Laurent.
Ormai sinonimo di luoghi spettacolari e budget colossali, le sfilate Cruise (o Resort) sono tra gli eventi più celebri del mondo della moda, destinate a svelare le collezioni di mezza stagione ai più ricchi clienti del mondo sin dalla loro comparsa negli anni ’20: gara di lusso per trovare la location più originale e il mood più cool, lontano dall’entusiasmo ormai stanco della settimana della moda.
La collezione, chiamata Common Ground, terreno comune, promette influenze “multiculturali” sia per le ispirazioni che per la realizzazione, avvenuta in collaborazione con artigiani locali.
“La moda è un assemblaggio unico che prende in prestito da tanti luoghi e tempi per creare una nuova immagine”, ha spiegato la stilista. Fanno parte della collezione anche le collaborazioni con Uniwax, fabbrica di Abidijan che produce tessuti wax meccanizzando tecniche artigianali, Pathè’O, uno dei più importanti designer africani (noto per aver vestito Nelson Mandela), Grace Wales Bonner, vincitrice 2016 del premio LVHM, Mickaelene Thomas, artista afroamericana, e Stephen Jones, celebre modista e da sempre collaboratore della maison. Coinvolto per il design Sumano, progetto che recupera la tradizione artigiana femminile delle tribù del Marocco.
Mentre calava la notte, nel palazzo dell’incomparabile, costruito dal sultano saudita Ahmed al-Mansur Dhahbi per celebrare la vittoria sull’esercito portoghese nel XVI secolo, su un’enorme passerella intorno a una piscina, la casa francese ha così incrociato culture e continenti con abiti con perline e stampe a motivi geometrici.
Le modelle hanno sfilato con abiti fluenti in marrone o nero accanto a modelli di tessuti della Costa d’Avorio, adattati alle celebri giacche del brand.
Dior ha poi commissionato alla Uniwax la produzione del tessuto, che nella sua forma più elaborata è stampato su due lati e che mostrava figure e paesaggi in quello stile Toile de Jouy per cui la griffe è famosa.
C’erano abiti tempestati di perline di vetro di Murano, interpretazioni dei toile Uniwax in cashmere double-face e jacquard di seta. Bellissimi i quattro abiti in pizzo bianco per la sposa bohémienne, gli abiti da red carpet in cioccolato e cardinale e la tuta in denim super-groovy.
Nel front row, Emmanuelle Seigner, Shailene Woodley, Karlie Kloss, Lupita Nyong’o, Jessica Alba (che a Marrakech ha festeggiato il suo 38esimo compleanno insieme al marito Cash Warren), che prima del défilé hanno potuto rilassarsi con yoga e massaggi nel resort a cinque stelle Selman e cene con allestimenti da favola. A chiudere, Diana Ross, che ha deliziato il parterre con un concerto a sorpresa.
Il messaggio che resta? Le parole di Tahar Ben Jelloun nel libro Il razzismo spiegato a mia figlia scelte come teaser della sfilata: “Con la cultura si impara a vivere insieme; si impara soprattutto che non siamo soli al mondo, che esistono altri popoli e altre tradizioni, altri modi di vivere che sono altrettanto validi dei nostri”.
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