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Gli insegnanti fanno i conti con studenti distratti e spesso maleducati. Uno su due sogna così di scappare all'estero o cambiare lavoro.
Insegnanti insoddisfatti e studenti sempre più indisciplinati. C’era un tempo in cui la severità a scuola era parte integrante del metodo educativo e i ragazzi guardavano terrorizzati l’indice del professore che scorreva il registro prima dell’interrogazione. Tempi andati: ora l’incubo è di chi sta dietro la cattedra.
Uno studio promosso dalla rivista VdG Magazine in uscita in questi giorni farà molto discutere. Secondo questo sondaggio, che ha preso in considerazione un campione di 500 professori di scuole medie e superiori tra i 35 e i 60 anni, un insegnante su due oggi in Italia sogna di fuggire all’estero o di cambiare lavoro. Ma com’è possibile essere arrivati a un tale grado di frustrazione?
Non è tanto lo scarso riconoscimento sociale – anche se certamente influisce – quanto l’evoluzione degli studenti a preoccupare gli insegnanti. Oggi, a loro parere, sono infatti più contestatari e polemici (33%) e più distratti (22%), e solo il 19% si mostra interessato rispetto ai ragazzi di ieri.
Parlando di look poi la trasformazione dei tempi è ancora più palese. I professori riscontrano un trionfo di piercing (38%), tatuaggi (29%) e minigonne (17%), per non parlare di ciò che li appassiona: poco cinema (21%), qualcosa di più la tecnologia (26%), mentre è un trionfo per il calcio, al 41%.
Sui comportamenti in classe, poi, è una galleria degli orrori. Gli alunni degli anni Duemila sono annoiati e insofferenti (33%) quando non maleducati (13%). E se una volta gli studenti si distraevano giocando con gli album di figurine (36%) o con i fumetti (24%), oggi le distrazioni maggiori vengono per più dell’80% dei casi con il cellulare.
Una negatività che si ripercuote sulla qualità dell’attenzione e quindi dell’apprendimento. La prima e più ragionevole reazione è quella di essere preoccupati per il futuro dei loro allievi, ma ci sono ormai molti insegnanti che di fronte a questo stato di cose afferma di non farcela più al punto tale da aver voglia di cambiare lavoro. La metà di loro.
Fonte: AreaPress
Articolo originale pubblicato il 4 ottobre 2011
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